La chiesa di San Ciro di Maredolce sorge nella periferia est di Palermo ed è ben visibile dall’autostrada Palermo-Catania. Il luogo, al tempo di Ruggero II (XII secolo), ospitava un laghetto (per la vulgata “maredolce”), del quale, in mezzo alla folta vegetazione, si intravedono le arcate della sorgente.
Secondo Rosario La Duca è presumibile che in quel luogo (noto per la presenza di ossa fossili animali rinvenute in una grotta della montagna) un tempo dedito a feste pagane, esistesse una cappella dedicata all’Assunta, in relazione alla festa di Maredolce che si celebrava il 15 agosto di ogni anno. Nel 1656 la cappella venne sostituita da una chiesetta dedicata alla Madonna della Grazia, opera finanziata dal sacerdote Girolamo Matranga. La prima pietra dell’attuale edificio fu posta il 5 febbraio 1736 e la chiesa venne benedetta l’11 agosto 1737. Il marchese di Villabianca indica come fondatore il barbiere Vincenzo Camarda. Nel Diario Palermitano Camarda si guadagnò un commento speciale per essere vissuto 109 anni: «con la sua pia e longeva vita, non solo egli diede onore a se stesso, ma anche alla città di Palermo». I finanziatori della costruzione furono gli abitanti delle casette rustiche che sorgevano quel luogo, con il contributo degli abitanti di Marineo, che incoraggiarono la fondazione di una congregazione. Nel 1826 la chiesa subì dissesti statici, rischiando il crollo. Scioltasi la congregazione del santo, la chiesa cadde in uno stato di abbandono. Restaurata nel 1874 a cura del parroco di Brancaccio Leopoldo Villa Riso, venne riaperta al culto ottenendo anche una reliquia del teschio di San Ciro dalla Parrocchia di Marineo. Durante i bombardamenti delle forze alleate su Palermo, nel 1943, quella chiesa di Brancaccio e le grotte del circondario divennero rifugi sicuri per i palermitani che, sotto le bombe, si raccomandavano a san Ciro per la salvezza delle loro vite. Nel 1960 altri dissesti statici provocarono una nuova chiusura ed il definitivo abbandono da parte dei fedeli. Nel frattempo, l’ambiente circostante è stato sconvolto dalla presenza di una vicina cava. Nel 1981 fu parzialmente demolito da ignoti che con le ruspe distrussero l’abside e ne intaccarono il fianco sinistro. Nel 1982 è stato eseguito un primo importante intervento di restauro da parte della Soprintendenza e sono stati ricostruiti l’abside e il muro laterale. Il recente restauro ha ricostruito le parti crollate salvando la decorazione superstite. La decorazione floreale è tipicamente tardo barocca, raffinata e semplice, con festoni di acanto lungo le paraste esterne e con festoni di foglie di vite in quelle interne. L’interno è a pianta quadrata, con due cappelle e nicchie decorate. Nel 1982 è stato eseguito un primo importante intervento di restauro da parte della Soprintendenza e sono stati ricostruiti l’abside e il muro laterale. La nave e il transetto sono inquadrate da lesene con fasce laterali a mezzo stucco. Di particolare interesse sono le cornici sagomate e modanate dei due grandi quadroni della nave, i resti del pavimento maiolicato settecentesco in fase di ripristino e i due altari di cui uno conserva l’antica decorazione rococò.